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TUTTI I MODI DI DIRE PORCEDDU IN SARDEGNA

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NESSUNO FINO AD OGGI AVEVA MAI SCRITTO TUTTE LE VARIANTI CHE I SARDI USANO PER DIRE PORCEDDU LO ABBIAMO FATTO NOI DI BRACIAMIANCORA E PER L’OCCASIONE ABBIAMO CHIESTO ANCHE IL PARERE DI UN ILLUSTRE LINGUISTA DELL’ACCADEMIA DELLA CRUSCA 

Affacciata al balcone, Giulietta sosteneva l’irrilevanza di un nome: “Non è una mano, né un piede, né un braccio, né un viso, nulla di ciò che forma un corpo. Prendi un altro nome. Che cos’è un nome? Quella che chiamiamo rosa anche con un altro nome avrebbe il suo profumo”.

Siamo d’accordo ma con due variazioni: Giulietta stava a Verona e l’oggetto d’amore in questo caso è uno dei piatti simbolo della tradizione sarda, il porceddu (il nome più noto, ma anche il più errato). La ricetta, quella tradizionale, è una e mette tutti d’accordo.

Sul nome con cui chiamarlo, invece, di versioni ce ne sono molte. Per scoprirle basta fare un giro della Sardegna, certi che né il profumo né il sapore subiranno variazioni.

PORCEDDU IN SARDEGNA DA NORD A SUD

La definizione di dialetto risulta un po’ stretta, determinate caratteristiche consentirebbero di considerare il Sardo una vera e propria lingua. Tralasciando la querelle linguistica, è possibile dividere i dialetti dell’isola in tre principali varietà. A confermarlo è il dottor Luca Chapelle, della Redazione Consulenza linguistica Accademia della Crusca:

Il campidanese a sud, il logudorese e il nuorese al centro, mentre al nord si trovano il gallurese e il sassarese più affini alle varietà toscane e liguri. Ciascuna con proprie caratteristiche, e che a loro volta presentano delle variazioni fonetiche e morfologiche all’interno della stessa sub-area”.

Iniziamo il viaggio a cavallo del nostro maialino per conoscere le varietà del termine nelle tre aree. A guidarci il dottor Chapelle che fa una premessa importante:

Il termine  porcellino deriva dal latino porcus, la cui radice rimane inalterata nelle varietà del sardo. Le variazioni quindi si collocano tutte a livello fonetico e morfosintattico”.

PORCEDDU IN SARDEGNA
PORCEDDU IN SARDEGNA

PORCEDDU IN SARDEGNA: IL MAIALINO SARDO DEL NORD

A Nulvi, comune di Sassari, il famoso maialino è noto come Poscheddu. A Bono, invece, località un po’ più distante dalla costa si può trovare la forma Porcheddu. Sempre nella provincia sassarese è abbastanza comune anche la variante Puscheddu.

Un termine più familiare anche a chi non ha origini sarde è Porcetto: anche questo è abbastanza diffuso nel sassarese, ad esempio a Badesi.

Spostandoci verso la costa nord-orientale, precisamente nell’area dialettale gallarese si trovano le varianti: Pulceddu, nella provincia di Olbia-Tempio, e Su Pulcheddu a Berchidda (provincia di Sassari ma molto vicino a Olbia – Tempio) o anche Polcheddu.

PORCEDDU IN SARDEGNA
PORCEDDU IN SARDEGNA

PORCEDDU IN SARDEGNA: IL MAIALINO SARDO DEL CENTRO

Proseguendo il viaggio “linguistico-carnivoro” verso sud, ci imbattiamo in forme già sentite come Polcheddu (Logudorese) o Porcheddu, in provincia di Nuoro, a Dorgali. Nel nuorese, a Tertenia, la variante diffusa è Copieddu: una forma diversa rispetto a quelle incontrate finora e che si ritrova anche a Lotzorai con la palatale raddoppiata, ovvero Coppieddu.

PORCEDDU IN SARDEGNA
PORCEDDU IN SARDEGNA

IL MAIALINO SARDO DEL SUD

Il dialetto campidanese è parlato nella parte centro-meridionale della Sardegna, in una regione più ampia del Campidano geografico. Una delle province in cui è parlato il dialetto campidano è l’Ogliastra. Qui la forma più comune è Coppieddu. Dalla parte opposta dell’isola, ovvero nell’oristanese i termini più utilizzati sono: Porcheddu o Procceddu ma anche Polcheddu a Bosa.

Guidati dal profumo di maialino sulla brace arriviamo a Cagliari. A Casteddu (il nome del capoluogo in sardo) all’unisono acclamano il Procceddu: da Sinnai, dove si prepara  “Su procceddu a su schironi” (maialino allo spiedo), a Pabillonis dove troviamo il “Procceddu a schiroi”, alla punta estrema della Sardegna, esattamente a Teulada dove abbiamo il “Proceddu arrustiu”.

PORCEDDU IN SARDEGNA

PAROLA ALL’ESPERTO                                        

Acquolina in bocca ma non è ancora il momento di gustare il maialino. Prima è necessaria qualche spiegazione a proposito di ciò che rappresenta il comune denominatore di tutte le forme incontrate da nord a sud :

In tutte le varianti locali – spiega Chapelle –  si può notare la presenza costante nel suffisso diminutivo della univoca realizzazione fonetica “cacuminale”, ḍ(ḍ), in luogo della doppia l latina presente nel suffisso diminutivo (porc-ĕllum)”. Mentre le differenze riguardano per lo più il diverso esito della “c” latina: “Porceddu con c “dolce” tecnicamente detta affricata nel dialetto campidanese, porcheddu con c “dura”, ovvero occlusiva velare, originaria pronuncia latina nei dialetti logudorese e nuorese.

“Ancora, la variante pulceddu presenta un mutamento di r in l davanti a ce/ci proprio di alcune aree del logudorese. Infine in proceddu si nota l’anticipazione di r, fenomeno comune ad alcune aree del campidanese e nuorese”.

Tanto di cappello al professor Chapelle e non vi preoccupate se vi siete persi qualcosa durante questa spiegazione molto tecnica, la materia è davvero singolare e linguisti non si nasce ma si diventa dopo anni di studio.

Quindi, qualunque sia il modo che si decida di utilizzare per riferirsi a questa prelibatezza il risultato non cambia. A meno che le variazioni non riguardino la ricetta tradizionale. D’altra parte, lo possiamo chiamare come ci pare, tanto si gira solo con lo spiedo.

Ajò!  Accendiamo il fuoco e buon appetito!

di Ivana Melis 27/08/2023

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