QUATTRO APPASSIONATI DI VINO NATURALE CI SPIEGANO PERCHE’ IL VINO DEL FUTURO SARA’ PIU’ O MENO QUELLO CHE FACEVANO I NOSTRI NONNI
E’ innegabile. Un’onda green soffia nei paesi occidentali e ogni giorno convinti green walkers conquistano terreno al grido di “a chilometro zero”, “biostenibile” , “ecosolidale”, trasformando in bio tutto ciò che li circonda. O quasi. E dove loro passano, l’erba cresce folta e un po’ più verde. Non credo sia un male il fatto che i loro slogan siano entrati a far parte del linguaggio quotidiano, la trazione eco, se non esasperata sotto forma di approcci talebani, serve a ridimensionare alcune abitudini e ad accrescere alcune sensibilità perdute. Alcuni storceranno il naso, altri invece esulteranno, ma non può negarsi che tutto ciò sia reale e stia accadendo proprio adesso e il vino non è stato risparmiato.
PERCHE’ IL VINO DEL FUTURO E’ QUELLO DEL PASSATO : IL VINO GREEN UN ILLUSTRE SCONOSCIUTO
Affacciarsi sul variegato panorama dei vini naturali, implica l’incontro con parole arcane e un po’ ruffiane che ormai sempre più spesso sentiamo pronunciare. E la maggior parte delle volte, senza capirci un accidenti. Aldilà dello smarrimento che ci assale quando l’amico snob di turno ci offre un calice biodinamico, ci sono alcuni termini che, un bevitore rispettabile, non può permettersi di ignorare.
Partiamo dal più semplice: il vino green. Immaginate una cantina concettuale che accolga varie botti accomunate da tecniche di produzione naturali, poco invasive e che non prevedano l’uso di additivi artificiali. Ecco il vino green. Vini biologici, vini biodinamici e vini naturali sono tutti vini green.
Quella del biologico è una certificazione dell’UE data a vini prodotti con uve coltivate senza chimica e O.G.M. e vinificati con una precisa quantità di lieviti e solfiti prevista dalla normativa. Nel biodinamico poi, la vinificazione sfiora romanticamente la magia: viene fatta nel rispetto della natura e delle fasi lunari, utilizzando compost naturali in grado di creare viti sane, di alta qualità e capaci di autodifendersi dai parassiti. E il vino naturale? La parola ai nostri esperti.
LA CANTINA CONDOMINIALE CLANDESTINA
Vini e cantine sono un abbinamento piuttosto convenzionale, ma ciò che accade a Roma in una cantina condominiale di un palazzo, non ha niente di consueto. Due volte al mese infatti, nel cuore del quartiere Trieste , le persone si riuniscono per celebrare un vero e proprio rito. No, non stiamo parlando di festini alla “Eyes wide shout” tanto cari a Stanley Kubrick, né ci stiamo riferendo a riunioni di fanatici terrapiattisti. Nella Cantina Condominiale Clandestina – così si chiama il posto – ci si riunisce per la gioia di parlare, scoprire e degustare i vini naturali. Fabrizio Lupi è “l’inventore” di questa cantina e, bicchiere dopo bicchiere, ha permesso a tanti appassionati di avvicinarsi a questo mondo.
“La Cantina Condominiale Clandestina non è un locale ma un vero circolo privato” chiarisce subito Fabrizio. “I vini naturali li colleziono da sempre. All’inizio li tenevo tra il muschio e i fili d’erba che crescevano in un bagno senza finestre, l’ambiente perfetto per preservare le bottiglie. La sera invitavo qualche amico per una partita di tressette e ognuno portava una bottiglia. Eravamo degustatori autodidatti che rifiutavano i metodi tradizionali imposti dai sommelier e lo siamo ancora adesso. Ma non certo sprovveduti o incompetenti.”
Col tempo gli amici sono aumentati e con loro le bottiglie. Oggi Fabrizio ne colleziona almeno duemila e, un paio d’anni fa, ha trasferito gli incontri nella cantina del palazzo in cui abita: “E’ bastato verniciarla ed aggiungerci poltrone e qualche mobile per rendere la Cantina Condominiale Clandestina il salottino di 20 metri quadri che è oggi. E a furia di invitare amici, di amici, di amici, sul gruppo di whatsapp siamo passati da quindici a duecento.”
Si, perché alle degustazioni si partecipa grazie ad una chat: “Il gruppo serve per diffondere tema, orario e costo degli incontri. Forse sono un po’ dittatoriale, ma immaginate che casino se ognuno scrivesse che ha bevuto ieri a cena. Chi spamma è fuori! – ride – no, ma un cazziatone se lo becca.”
Poi, a qualcuno è venuto in mente di coinvolgere i produttori: “All’inizio eravamo noi ad invitarli, oggi si propongono loro. Abbiamo avuto i più importanti tra i produttori nazionali ed internazionali ed abbiamo assaggiato i loro vini naturali. Venire alla Cantina Condominiale è diventato un rito di passaggio, quasi una legittimazione.”
Per Fabrizio il vino naturale è competenza e cura del dettaglio: “Il modo più semplice per rovinare un vino è stressare la vite piantandola in territori non adatti alla sua crescita. In questi casi l’additivo è necessario. Il vino deve essere geneticamente naturale. Aggiungere sostanze chimiche o industriali lo distrugge. E’ facile dire che un vino abbia il retrogusto di banana se per farlo ci hai aggiunto il lievito di banana anziché sfruttare quelli indigeni. Il vino è il prodotto della vite, non di esperimenti da laboratorio. I nostri nonni lo sapevano, noi lo stiamo riscoprendo.”

IL RISTORATORE DEL GARDA
Se il vino naturale è il vino del futuro, in Provincia di Brescia a San Felice del Benaco, il 3000 è già arrivato. Michele Bontempi nel suo ristorante La Dispensa, serve solo vini naturali. La qualità degli ingredienti è il tratto distintivo di questo ristorante, dove sentirsi a casa è subito istintivo. Ma ciò che alla Dispensa fa davvero la differenza, è l’ampia scelta di vini naturali con i quali accompagnare la propria cena. Dalle classiche bollicine fino al vino orange (un bianco macerato sulle bucce con intriganti sfumature d’arancione), Michele saprà sempre indicarvi il vino naturale più adatto a ciò che mangerete.
“Il vino è succo d’uva fermentato” sottolinea subito Michele, la cui posizione sui vini naturali è piuttosto netta e categorica: “Qualunque altra cosa vi si aggiunga lo rovina. Oggi spesso ce lo dimentichiamo e nel vino si trovano lieviti, solfiti e chiarificanti che, oltre a snaturarlo, fanno male all’organismo.”
“Quella del vino naturale è una vera giungla” continua poi appassionato. “Oggi in commercio se ne trovano tantissimi e questa è una vera fortuna.” Ma una cosa va specificata: “Naturale non è sinonimo di buono. Un vino naturale se non è realizzato con studio, cultura e competenza, può essere scadente e anche indigeribile. Quando invece è realizzato ad arte, seguendo i criteri dell’agricoltura naturale, allora il vino ha un valore aggiunto: fa rivivere sapori e sensazioni che si credevano scomparse.”
Quando gli si chiede se quella del naturale sia una moda passeggera, Michele non ha dubbi: “No. Se lo fosse sarebbe già finita. Sono circa sette anni che il consumo e la produzione del vino naturale aumentano con costanza. Sul mercato sono sempre più richiesti e ai nostri clienti proponiamo mescite veloci. Raramente chi viene alla “Dispensa” assaggia lo stesso vino per due volte.”
Ricerca, studio e conoscenza del mercato sono i segreti di Michele per servire vini sani per la Terra e chi li beve.

SECONDO LORO IL VINO NATURALE E’ IL FUTURO: GLI ITINERARI DEL VINO NATURALE DE “L’ITALIA DI VINO IN VINO”
Diletta Sereni è esperta e appassionata. Il vino naturale per lei è tutto ma la sua vita è anche fatta di scrittura: collabora con Vice Munchies. Scrive di vino, naturalmente. Per conoscerlo e poterlo raccontare, Diletta percorre lentamente strade sterrate e sentieri di campagna, spingendosi alle volte, persino in quelle chiassose e trafficate di città. Anche li può nascondersi il vino naturale.
Ne “L’Italia di vino in vino” , libro appena pubblicato che ha scritto insieme a Luca Martinelli e Sonia Ricci, ha raccontato un viaggio, un autentico pellegrinaggio tra i vigneti, le enoteche e le cantine, che un qualunque amante del vino dovrebbe compiere almeno una volta nella vita. La sempre maggiore attenzione verso i vini naturali, per Diletta corrisponde all’aumento della sensibilità per il tema del biologico e quello della salvaguardia dell’ambiente. E lei, non può che esserne felice.
“Non so se il vino naturale sia il vino del futuro perché riguarda ancora una piccola nicchia di consumo, per quanto in crescita. Quello che può candidarlo a essere il vino del futuro è l’agricoltura, ed è incoraggiante che le persone siano sempre più sensibili all’aspetto agricolo del cibo. La viticoltura naturale esclude la chimica di sintesi, non spinge sulla produttività ma sull’equilibrio del suolo e delle piante, sulla diversità che riesci a creare in campo. Se c’è un futuro agricolo possibile – anche al di là del vino – è questo qua, ed è in conflitto con quello dominante oggi.”
Il vino naturale sarà il vino del futuro a patto che le cose possano cambiare. E chissà, passeggiando lentamente tra le vigne con il libro sotto al braccio, forse ispireremo il cambiamento.

SECONDO LORO IL VINO NATURALE E’ IL FUTURO: VINI NATURALI MA NON SOLO ALLA BRACERIA DEI GOTI
In Sicilia, a Barcellona del Pozzo di Gotto, in Provincia di Messina, esiste una macelleria-braceria dove abbiamo trovato delle vere chicche, delle etichette naturali che difficilmente si riescono a stappare fuori dall’Isola. “La Braceria dei Goti” questo il nome del locale, ha principalmente vini naturali.
“Tutto ciò che è naturale fa bene al corpo ed al palato” dice Matteo che con la sua famiglia è il proprietario della braceria. “La cultura del biologico non l’applichiamo solo ai vini che serviamo.Gli animali dalle quali provengono le nostre carni, sono infatti stati allevati con alimenti biologici seguendo i criteri dell’allevamento naturale.”
La loro selezione di vini naturali è invidiabile: mai sentito parlare del Mamertino? Quello rosso di Vigna Nica è una riserva del 2013. il suo sapore è elegante e equilibrato e si sprigiona grazie al lungo affinamento in legno. Ed anche quello bianco fa parlare di sé. E’ il Mamertino Grillo Ansonica D.O.C. del 2017, frutto di un piccolo vigneto che affaccia sulle Eolie. E c’è anche il Vitese Syrah, un rosso rubino dal sapore strutturato e il profumo di frutti rossi che si esalta con la carne e gli affettati.

Di Ruggero Rispo 30 maggio 2019