IL MOLISE ESISTE E SE NE STANNO ACCORGENDO ANCHE GLI AMANTI DELLA CARNE GRAZIE A CORA D’ ZIA UNA BRACERIA COME NON CE SONO IN REGIONE
Dicono che il Molise non esista. Lo ripetono come fosse un mantra, una leggenda metropolitana che ormai ha preso vita propria e che, diciamocelo senza problemi, ha anche stancato. Al netto delle battute da bar, questa storia non regge più. Altro che “non esiste”: il Molise esiste. Ed è una esistenza che ci piace molto.
Il Molise è oramai pieno di storie che lo stanno emancipando e facendo uscire dal cono d’ombra dell’anonimato. A noi oggi piace raccontare la storia di Cora de Zia, una Braceria che è diventata, negli anni, un vero e proprio “destination place”. E capite che il triangolo “Campobasso – Molise – Destination Place” è una roba che non si sente tutti i giorni.
Perché quando un ristorante riesce a trasformarsi in una meta di pellegrinaggio , quando da regioni vicine si macinano chilometri per addentare una costata frollata come si deve, allora c’è poco da ironizzare: si può dire serenamente che esiste, eccome se esiste. E la colonna di fumo delle sue braci arriva così in alto che si vede da tutta Italia.

Ecco, Cora d’ Zia non è solo una braceria. È una prova che sa anche innovare, osare e sorprendere. Merito di due outsider instancabili, Michele di Lisio e la sua compagna Laura, che con passione e visione hanno acceso una brace che oggi riscalda (e alimenta) l’intera regione. Dietro storie belle ci sono sempre uomini e donne che lavorano sodo.
A guidare questa rivoluzione ci sono Michele di Lisio e la sua compagna Laura, due professionisti che lavorano sodo, con passione, dedizione e visione. Se il Molise da anni lotta per farsi riconoscere – culturalmente, turisticamente, gastronomicamente – è anche grazie a persone come loro. Ogni cliente soddisfatto è un volano per far crescere il ristorante, Campobasso e, in finale, tutta la Regione.
UNA STEAKHOUSE PURA IN MOLISE
Michele e Laura hanno scommesso su un’idea chiara: portare in Molise una steakhouse vera, pura, senza compromessi. Niente primi piatti, nessuna distrazione. Solo carne, frollature curate, tagli selezionati, ricerca. Sono stati i primi in regione a portare il Wagyu giapponese (e ad organizzare serate dedicate alla carne giapponese), a proporre manzi stagionati provenienti dalla Spagna, a credere razze che qui non si erano mai viste. Tutto come scelta identitaria, non come moda.

Sì, ci sono bistecche da 100 o 150 euro al chilo (tranquilli, ci sono anche bistecche che costano meno). E no, non sono bistecche per tutti. Ma è proprio per questo che vanno incoraggiati. Perché hanno avuto il coraggio – e la capacità – di alzare l’asticella in una terra dove spesso ci si accontenta, dove l’innovazione gastronomica non è sempre stata di casa. Dove domina la grigliata mista a 20 euro e le salsicce si bucano.
IL VIAGGIO DI UN UNDERDOG
La storia di Michele è quella dell’outsider per eccellenza. Pizzaiolo per anni, itinerante, dentro e fuori locali, ha imparato il mestiere sul campo. Non arriva da grandi cucine stellate né da famiglie blasonate del food. Ma ha qualcosa che molti altri non hanno: una fame feroce di migliorarsi e una passione che brucia più della brace su cui cucina. E’ il più classico dei ristoratori che si è fatto il culo e per anni gli unici bagni che si è fatto sono stati quelli nel suo sudore. Quindi un culo al cubo. Se un giorno dovessero indire un concorso per fare un monumento dedicato al ristoratore che si è fatto il culo vero potrebbero senz’altro prendere spunto da Michele.
Lo chiamavano parvenu, qualcuno lo guarda con diffidenza. Ma chi siede ai tavoli di Core de Zia capisce subito che dietro quei tagli c’è una cultura della carne costruita con sacrificio, con studio, con test continui. Michele non improvvisa, Michele sa. E Laura, sempre presente, è il braccio destro che tiene insieme visione e concretezza.

MOLISE VUOL DIRE ANCHE (TANTA) TRADIZIONE
Nonostante lo slancio innovativo, Cora d’ Zia non dimentica la tradizione. Il legame con il territorio non è solo un claim da social, ma una realtà tangibile: nelle cotture, nei contorni, nell’ospitalità sincera, quella che si sente quando entri in un posto dove ti trattano come uno di casa. Solo che a casa tua non ti servono certo un Rubia Gallega frollata 100 giorni. E allora, mentre molti ancora scherzano dicendo che “il Molise non esiste”, Michele e Laura continuano a fare quello che sanno fare meglio: grigliare, accogliere, migliorare ogni giorno. E dimostrare con i fatti che il Molise non solo esiste, ma può diventare un riferimento per chi ama la carne, quella vera.
Negli anni accanto a Laura e Michele si è aggiunta anche Maria Cristina, sorella di Michele, sommelier sensibile e apprezzata che ha messo in piedi una cantina di tutto rispetto. Accanto ai classiconi, leggi Sassicaia e Tignanello, che ogni ristorante deve avere, si trovano anche vini espressione del territorio ed etichette di altre regioni e, vi assicuriamo, sono delle vere sorprese.

Core d Zia non è solo una braceria. È un segnale forte, un esempio raro, una scintilla accesa in una regione che ha fame di riscatto. Certo, ha i suoi connotati di ristorante di provincia, nel senso buono del termine, il che dimostrano una personalità forte e radicata, non certo una debolezza.
E’ grazie a questo percorso fatto di passione, studio, sacrificio e visione che Cora d’Zia è riuscita a entrare nella classifica delle 50 migliori SteakHouse d’Italia. Un traguardo tutt’altro che scontato, conquistato senza scorciatoie, ma con il sudore e il fuoco vivo di chi ha creduto nel proprio sogno anche quando sembrava impossibile. E oggi, quel sogno griglia per davvero. Anche per il Molise.