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CARNE DI MAIALE CRUDA (O POCO COTTA)? RISCHIO EPATITE

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È la carne di maiale cruda o poco cotta la principale causa di infezione da epatite E in Europa. Sono oltre 21 mila i casi di epatite E segnalati nell’Unione europea negli ultimi 10 anni. “Anche se non è diffusa quanto altre malattie trasmesse da alimenti – dichiara  Rosina Girones, presidente del gruppo di lavoro Efsa sull’epatite E, che ha pubblicato un documento sui rischi associati all’infezione – questa forma di epatite è motivo di crescente preoccupazione”. L’alto livello di attenzione è dovuto soprattutto all’incremento delle infezioni segnalate nel corso degli anni: i numeri sono aumentati di 10 volte. Come riporta l’Ecdc in un rapporto sul virus, l’80% dei casi è stato segnalato da Germania, Francia e Regno Unito. L’Istituto superiore di sanità, responsabile del monitoraggio in Italia, ha contato complessivamente 211 casi di epatite E acuta.

“In passato si riteneva che la principale fonte di infezione fosse l’acqua contaminata bevuta durante viaggi fuori dall’Ue. Ora invece sappiamo che la principale fonte di trasmissione della malattia in Europa è il cibo” spiega Girones. I maggiori portatori del virus sono i maiali domestici e i cinghiali e l’infezione avviene principalmente attraverso la carne di maiale cruda o poco cotta. Per contrastare la diffusione del virus, gli esperti raccomandano agli Stati membri di sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi legati al consumo della carne di maiale cruda e di sviluppare metodi per rilevare il virus dell’epatite E negli alimenti, come è stato fatto per quello dell’epatite A.

Se una volta la patologia era considerata tipica dei paesi in via di sviluppo, adesso la valutazione è cambiata e la questione è ritenuta un problema emergente nei paesi occidentali. Nella maggior parte delle persone, la malattia è asintomatica, mentre nei soggetti con il sistema immunitario compromesso o con patologie al fegato, il virus può causare insufficienza epatica, talvolta con esisti fatali. Particolare attenzione devono prestare le donne in gravidanza, per cui l’infezione può essere particolarmente grave e nel 20% dei casi avere esiti letali.

di Roberto Serrentino – 12 luglio 2017

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