I NOSTRI ALLEVAMENTI SONO SANI NON CREDETE A CHI VI DICE IL CONTRARIO: ORMONI E ANTIBIOTICI NELLA CARNE ITALIANA NON CI SONO
Passano gli anni eppure pare che per qualcuno il tempo abbia smesso di scorrere, che come per incanto il calendario si sia fermato a prima del 2006 o addirittura ancor prima del 1981. Cosa ci dicono queste date? Ci dicono fondamentalmente due cose. Che in Italia l’uso di ormoni e antibiotici negli allevamenti non è consentito e che quindi carni che presentano queste caratteristiche non possono arrivare sulle nostre tavole. E’ vietato. E’ vietato anche se dovessero arrivare da paesi stranieri dove queste pratiche invece sono ammesse. Penso ad esempio ai paesi d’Oltreoceano come Canada e Stati Uniti.
E’ vero poi che in passato alcuni produttori hanno infranto questi divieti, ma le violazioni è bene ripeterlo non hanno nulla a che fare col sistema di leggi vigente. Anzi man mano che i controlli si fanno sempre più serrati le infrazioni diminuiscono fino a raggiungere percentuali irrilevanti.
ORMONI E ANTIBIOTICI NELLA CARNE : GLI ORMONI
Per essere più precisi gli ormoni negli allevamenti italiani sono vietati da mezzo secolo quindi ancor prima del 1981. Ma dal 1981 il divieto oltre che alla carne bovina è stato esteso a tutte le altre tipologie di carne. Quindi anche a quella equina, suina e ovina. I più critici potrebbero però obiettare: ma allora perché i polli crescono in modo così abnorme e veloce? Per carità la cosa può non piacere e certamente non piace neanche a noi, tanto è vero che ne abbiamo già parlato in precedenti articoli, ma gli ormoni ricordiamolo con questa crescita repentina non c’entrano nulla.
C’entra invece un lavoro di incroci e selezione iniziato parecchi anni fa e rivolto ad ottenere razze sempre più grosse e sempre meno soggette ad ammalarsi. Una pratica che nel settore agricolo esiste da sempre e che come è noto tocca non solo gli animali ma anche le piante.
GLI ANTIBIOTICI
Per quanto riguarda gli antibiotici invece la loro somministrazione è consentita solo per gli animali ammalati, ma solo se prescritta dal veterinario e comunque teniamolo bene a mente mai a scopo preventivo. A questi animali inoltre si applica il cosiddetto tempo di sospensione, ovvero il tempo necessario affinché il farmaco sia metabolizzato dall’organismo e che a seconda del tipo di antibiotico varia da poche ore a qualche settimana.
Fermo restando però che è sempre il fegato a metabolizzare le sostanze e non certo il muscolo che è la parte da cui poi si ricava effettivamente la carne. Ad ogni modo, la legge è chiara: prevede che un animale sotto antibiotico in quanto malato non può in alcun modo entrare nella catena alimentare e i dati infatti lo dimostrano: sulle oltre 44 mila analisi compiute dal servizio sanitario nazionale, tra cui anche 6700 prodotti avicoli, soltanto 39 sono risultate positive per antibiotici, vale a dire lo 0,09%.
Dunque di fronte a dati così irrisori si può tranquillamente affermare che la carne italiana è sana. Se poi se ne mangia anche meno e di maggior qualità non si capisce che danno possa arrecare al nostro organismo
di Ferdinando A. Rosto 29/06/2020