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BIROLDO, IL SAPORE ANTICO DELLA GARFAGNANA

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QUESTO SANGUINACCIO DIMENTICATO PER ANNI PERCHE’ RICAVATO DALLE PARTI MENO NOBILI DEL MAIALE E’ TORNATO ALLA RIBALTA GRAZIE ALLA RISCOPERTA DEI SAPORI AUTENTICI COLPISCE INFATTI PER FRAGRANZA E TENEREZZA OLTRE AD ESSERE UN’AUTENTICA BOMBA CALORICA 

A sentir pronunciare questo nome, Biroldo, più che a un salume vien da pensare all’eroe di una fiaba della Garfagnana, che so a un contadino diventato improvvisamente principe, amato e riverito dai suoi sudditi per aver portato tanta ricchezza e prosperità.

Questa ovviamente è solo fantasia (la mia) e la realtà, infatti, racconta tutta un’altra storia. Racconta che il Biroldo, antico almeno quanto il Medioevo se non di più, in un recente passato non era per nulla amato. Tanto che nella Lucchesia, gli anziani, collegavano questo sanguinaccio ai tempi grami e difficili, quando per mangiare ci si doveva accontentare di tutto, anche degli scarti, e di quei tempi grami e difficili e, quindi, anche del Biroldo, a un certo punto, la gente del luogo non ne ha più voluto sentir parlare.

Meglio crogiolarsi nell’abbondanza si pensava che, però, quando è arrivata è andata a braccetto con la produzione industriale e questa, si sa, di genuino ha ben poco. Così il tanto bistrattato Biroldo che se ha un merito è quello di essere un insaccato artigianale, con la riscoperta dei prodotti tipici, è tornato finalmente alla ribalta.

Non come un principe, si intende, ma è diventato comunque un presidio slow food e questo significa che è da considerare a tutti gli effetti uno dei tesori della Garfagnana. Un tesoro da preservare e tramandare con cura alle future generazioni.

Queste dal Biroldo non otterranno certo delle pipite d’oro, ma almeno continueranno a gustare una specialità nostrale, cosa che di per sé è già una gran ricchezza.

Biroldo

IL BIROLDO E LE SAGRE

Ho assaggiato il Biroldo per la prima volta alla festa della bistecca, una sagra che si tiene la seconda metà di agosto nel paesino di Pieve Fosciana (Lucca). In attesa di assistere alla sfida della fiorentina (divoratene due chili in un’ora e la ciccia è gratis), agli ospiti è stato offerto un antipasto rustico e lui, il Biroldo, era lì, affettato su un piatto, assieme ad altri salumi e specialità tipiche: fagioli, insalata di farro e formaggio pecorino.

Una fetta del Biroldo è spessa circa mezzo centimetro e presenta una grana grossa molto profumata con un colore rosso scuro tendente al bruno. Ne ho presa una e ho esclamato: “E questo cos’è?”

“Un salume cotto simile alla soppressata che si fa col sangue di maiale,” mi ha risposto Francesco Canozzi, l’organizzatore dell’evento, un “ragazzo” di 42 anni, barbuto ma dall’aspetto simpatico. Ho assaggiato, dunque, quella fetta che in bocca ha subito sprigionato un sapore speziato e molto intenso.

Biroldo

Biroldo

LE ORIGINI LONGOBARDE

il Biroldo, dunque, è un sanguinaccio ed è unico in Garfagnana, perché, diversamente da altri sanguinacci della zona, come quello di Lucca o delle Alpi Apuane, non si prepara con le interiora, ma con la carne ricavata dalla testa del maiale e se pensate sia un salume al cento per cento italiano vi sbagliate di grosso.

Francesco mi ha spiegato che probabilmente sono stati i longobardi a portarlo in Toscana. Questo popolo discese nel V secolo d.c. nella valle del Serchio e qui diffuse le tecniche di lavorazione della carne di maiale, in particolare quelle relative alle carni crude. Così, dunque, è nato questo salume, le cui radici germaniche i linguisti riconducono ai termini blut (sangue) e blauten (sacrificio). Termini che col tempo sarebbero stati stravolti dal dialetto locale fino a diventare Biroldo. Il resto è storia: il sanguinaccio, grazie al suo notevole apporto calorico, è rimasto per secoli una voce fissa del menù contadino.

Biroldo

LA PREPARAZIONE

Qualcuno potrebbe fare lo schifiltoso pensando che il Biroldo si prepara sia col sangue sia con la testa di maiale, ma si deve sapere che quest’ultima parte è più magra rispetto ad altre frattaglie e conferisce al prodotto anche una maggiore morbidezza.

La preparazione della ricetta è semplice, ma richiede grande manualità e attenzione. Si fa bollire per tre ore la testa (qualche volta di suino locale più spesso nazionale), dopodiché si disossa per unire la carne a una piccola quantità di sangue. Si aggiungono le spezie (finocchio selvatico, noce moscata, chiodi di garofano, cannella e anice stallato); si passa una spolverata di sale e pepe e qualcuno ci mette pure dell’aglio. Ovviamente le dosi variano in base alla mano e al gusto del norcino.

Una volta formato l’impasto, si insacca la carne nella vescica del maiale, (il buzzetto), ma anche così il salume non è ancora pronto. Prima deve bollire per tre ore; si lascia raffreddare lentamente sotto a un peso affinché espelli la parte più grassa; e infine, dopo due settimane, l’insaccato assume la forma di una pagnottella schiacciata di colore marrone scuro.

COME MANGIARE IL BIROLDO 

Oltre che a fette, il biroldo si può tagliare anche a strisce e in genere si accompagna al pane, quello di patate e quello preparato con le castagne garfagnine. Al palato è morbido e con un gusto equilibrato. Sangue e spezie infatti non prevaricano il sapore della carne magra, anzi gli conferiscono un mix di sapori delicati e persistenti.

Il Biroldo, dunque, contrariamente a quanto si pensava, non è affatto un prodotto di serie B ed è giusto che, assieme ad altri insaccati locali, ad esempio la mondiola, si riprenda la scena che gli compete, magari anche fuori della Garfagnana. In barba non solo agli schifiltosi, ma anche ai vegani, ai quali si potrebbe proporre un’infarinata, ovvero una zuppa vegetale insaporita col brodo di cottura proprio di questo antico sanguinaccio.

di Gianluca Bianchini (in collaborazione con Michele Ruschioni) 07/09/2021

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