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LA CENA CON CONTO FINALE DA 500 EURO: ECCO COME È ANDATA VERAMENTE

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CLIENTE “ADDORMENTATO” E RISTORATORE “DISTRATTO”: E’ STATO UN MIX DIABOLICO TRA DICO E NON DICO, ORDINO E NON CHIEDO A FAR DECOLLARE 4 PRIMI A 280 EURO.  CLIENTI SVEGLIATEVI CHE CHIEDERE QUANTO COSTA UN PIATTO NON E’ REATO 

E’ successo più di una settimana fa in un ristorante di San Benedetto del Tronto e di questa vicenda se ne continua a parlare. Un cliente per quattro primi di pesce si ritrova a pagare uno scontrino molto salato: 508 euro, compresi antipasti, crudi e bollicine. Una cifra a prima vista esagerata poi però si scopre l’equivoco: quello più che un pesce era un crostaceo e per giunta molto costoso. “Non una semplice canocchia,” sbuffa il ristoratore. Insomma, per quel fraintendimento nasce una discussione, si patteggia il prezzo che cala a 480 euro e alla fine lo scontrino finisce sui social.

Fraintedimenti di questo tipo non sono rari, anzi capitano spesso e non sempre la colpa è da attribuire al titolare di un ristorante. Anche il cliente infatti ha le sue colpe, deve essere più smaliziato, non può essere distratto, tantomeno sentirsi intimidito dal chiedere una cosa scontata: quanto costa il piatto che sta per ordinare. Altrimenti ecco che escono fuori questi qui pro quo che non fanno piacere a nessuna della due parti, né al ristoratore né al cliente.

Ma che cosa è successo precisamente, perché quello scontrino ha registrato un prezzo di 508 euro?

IL CLIENTE SPROVVEDUTO

La vicende è accaduta in un ristorante di San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno). Uno chalet che propone prelibati piatti marinari e proprio per questo molto costosi.  Un cliente appena entrato si avvicina alla vetrina del pesce, vede dei crostacei, gli piacciono e decide di farseli servire con le linguine. Ordina quindi quattro primi piatti, per sé e i suoi amici.

Tanto pensa non costeranno più di astici e aragoste. Sul menù infatti legge che le linguine con astici o aragoste costano 35 euro. Un prezzo che ritiene giusto e alla sua portata. Peccato, però che gli esemplari scelti sono molto più pregiati di astici e aragoste. Sono un paio di magnose greche, crostacei freschi di non facile reperibilità “che mi sono costati 95 euro al chilo,” racconta Simone, il titolare del ristorante. E proprio perché queste magnose greche non sono di facile reperibilità “sono anche fuori menù,” spiega il ristoratore.

Simone non dice allo sprovveduto cliente che quelle sono delle magnose greche, “le chiamo solo in dialetto locale, batti batti” e il cliente, a quanto pare anche lui del posto, non si accorge dell’equivoco dimenticando pure di chiedere il prezzo. “Anch’io ho commesso un errore nel non dirgli il costo – dice Simone – ma non l’ho fatto in cattiva fede”. Insomma, secondo Simone è un po’ come quando un cliente chiede uno champagne, non gli dici il prezzo, è implicito che non lo pagherai due soldi.

il cliente sprovveduto
La fattura di acquisto del ristorante

UNO SCONTRINO ALLEGERITO MA PUR SEMPRE CARO 

Ecco perché dopo la cena arriva la sorpresa. Il cliente, incredulo, si ritrova in mano uno scontrino di 508 euro: 270 solo per i quattro primi di linguine con le magnose. Segue un battibecco e lo scontrino passa prima a 480 euro e “poi a 400”, svela Simone che continua “non ci ho rimesso ma neppure ci ho guadagnato”.

Morale della storia: clienti, chiedete sempre il costo di un piatto, eviterete fraintendimenti e litigi con camerieri e titolari dei ristoranti e alla fine sarete lieti nel pagare un prezzo che conoscete, evitando l’imbarazzo di dover chiedere sconti che certamente non avete alcuna voglia di chiedere.

di Gianluca Bianchini 13/07/2022

 

 

 

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