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NON SERVONO 15 MILA LITRI DI ACQUA PER UN CHILO DI CARNE

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SERVONO DAVVERO 15 MILA LITRI DI ACQUA PER PRODURRE UN CHILO DI CARNE? NONOSTANTE LO SI SENTA RIPETERE DI CONTINUO SU GIORNALI E TV, NO. ECCO PERCHE’

Articolo da Bioecogeo.com

La scarsità di risorse è una delle principali sfide che l’umanità si sta trovando ad affrontare, spesso a causa delle sue stesse azioni. Ma fra tutti beni sempre più al centro dei problemi legati alla loro mancanza e quindi ai conflitti per accaparrarseli spicca sicuramente l’acqua. Elemento base per la vita su questo pianeta, è utilizzata in ogni processo produttivo, incluso quello della carne, spesso accusato di sfruttarne in dosi eccessive. Uno degli aspetti più controversi e più rilevanti legati alla produzione di carni e salumi riguarda infatti i valori della sua impronta idrica.

Gli animali da allevamento hanno bisogno di acqua non solo per abbeverarsi, ma anche per alcune operazioni come la gestione delle stalle, la mungitura, la macellazione, la trasformazione dei cibi che da essi si ricavano. Ma soprattutto per la crescita dei foraggi da cui si nutrono. Quando si considera il consumo d’acqua per la produzione di carne e altri cibi di origine animale, si tende però ad ignorare alcuni aspetti importanti, come la differenza fra acqua “grigia,” “verde” e “blu”. E ancor di più a credere a miti ormai dati per fatti reali.

acqua carne

IMPRONTA IDRICA OVVERO L’ACQUA NECESSARIA A PRODURRE LA CARNE

Quello secondo cui ci vogliono 15  mila litri d’acqua per produrre un chilo di carne di manzo, ad esempio, è uno dei luoghi comuni che ha avuto maggiore presa a livello mediatico, quando si parla di carne. Un dato eclatante che ormai viene dato per scontato essere credibile. Eppure nel calcolo dell’impronta idrica della carne ci sono molti aspetti che vengono inutilmente considerati. Altri che invece vengono ignorati con troppa superficialità.

L’impronta idrica degli alimenti presa in considerazione è generalmente quello del Water Footprint Network (WFN), anche se questa presenta diverse lacune. Innanzitutto non quantifica l’impatto ambientale associato all’utilizzo dell’acqua, ma soltanto il volume di acqua utilizzato. Non solo, ignora del tutto il contesto specifico in cui avvengono la produzione e l’allevamento che se ci si fa caso avvengono laddove c’è una maggiore disponibilità d’acqua.

L’essere umano seppure sia da alcuni decenni colpevole di sovra sfruttare l’ambiente che lo ospita, nel corso dei millenni è infatti riuscito a sviluppare le differenti pratiche agricole ed economiche a seconda del luogo in cui si è trovato. In tutte le aree a maggior densità zootecnica, secondo i dati raccolti a livello globale attraverso il Water Stress Index, parametro che esprime il rapporto tra acqua utilizzata e acqua disponibile tenendo conto della variabilità mensile e annuale delle precipitazioni, la presenza del bestiame non ha mai comportato un impoverimento delle riserve idriche sotterranee. In altre parole, prendendo in esame il valore complessivo (medio mondiale) e ignorando il contesto locale in cui avvengono la produzione e l’allevamento, non si mette in relazione il prelievo di acqua con la disponibilità di quel territorio.

acqua carne

ACQUA BLU, ACQUA VERDE, ACQUA GRIGIA

Con il Water Footprint si calcola di solito la quantità di acqua che viene utilizzata nei processi produttivi. È la cosiddetta “acqua virtuale” che, quando si parla di carne, include anche quella usata per produrre i mangimi, per l’allevamento del bestiame e nella fase di macellazione. Questo metodo di valutazione dei consumi di acqua nel settore zootecnico calcola l’impronta idrica di un prodotto sommando appunto l’acqua “blu”, quella prelevata dalla falda o dai corpi idrici superficiali, l’acqua “verde”, quella piovana evo-traspirata dal terreno durante la crescita delle colture, e l’acqua “grigia”, il volume d’acqua necessario a diluire e depurare gli scarichi idrici di produzione.

articolo del 30/06/20222

 

 

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