IL FOOD PORN NON È SOLO UN RACCONTO DEL CIBO PER IMMAGINI È ANCHE UNO STILE NARRATIVO CHE IMPAZZA SUI SOCIAL METTENDO ASSIEME IN MODO PIUTTOSTO CONFUSO PROPOSTE CULINARIE MOLTO DIVERSE FRA LORO MA UNA STEAK HOUSE NON È CERTO UN’HAMBURGERIA
Che a Braciami Ancora l’espressione food porn non piaccia non è certo una novità. L’espressione in sé ha qualcosa di ambiguo, mette assieme sacro e profano, chiamando in causa da una parte il cibo dall’altra il porno, mettendo cioè assieme un pensiero onesto e sobrio qual è il soddisfacimento dell’appetito con uno perverso e insaziabile quel è invece l’appagamento della lussuria.
Il food porn fondendo l’amore per il buon cibo con l’idea di trasgressione lo si può definire un ossimoro gastronomico che si esprime attraverso immagini. Immagini che però hanno il difetto di essere un po’ al confine tra ciò che può apparire equilibrato e quindi lecito e ciò che invece può apparire eccessivo e quindi discutibile.
FOOD PORN, SOCIAL MEDIA E MAPPAZZONI COMUNICATIVI
Qualcuno potrebbe obiettare: ma se le immagini in questione sono belle e fan venir voglia di mordere e mangiare, cosa c’è di male? E infatti non c’è nulla di male nel pubblicare una bella foto che invoglia a farsi una sana abbuffata con parenti e amici. Non c’è nulla di male a patto che quell’immagine appunto non sia equivoca ed eccessiva.
L’equivoco a cui mi riferisco è quello che contribuiscono a far nascere alcuni influencer, spesso giovanissimi, i quali parlano di cibo senza un’adeguata cultura culinaria, come se quel cibo di cui stanno parlando fosse del tutto scontornato dal contesto.
Sembra quasi che la loro unica esigenza sia mettere avanti a tutto una narrazione veloce e sbrigativa da impacchettare in un video social che dura giusto qualche minuto. Tutto qui.
UN LINGUAGGIO SCIATTO E INAPPROPRIATO
Ma il contesto nella ristorazione è importante. È il contesto che giustifica o meno una certa proposta ristorativa. Se ad esempio parliamo di una steak house parliamo di una ristorazione di alto livello che ha nello stile, nella sobrietà e nella raffinatezza dei piatti la sua cifra gastronomica.
Un hamburger alto 20 centimetri con tre medaglioni e grondante salse variopinte sta bene in una hamburgeria non certo in una steak house. Se per portate simili qualche pischello euforico può permettersi un linguaggio ardito che annovera espressioni tipo “è porcosissimo”, “sua porcosità”, “porcata disumana” non è bello che faccia altrettanto con una costata di manzo.
Magari cambia il linguaggio che assume toni più consoni ma il risultato resta sempre approssimativo, perché non c’è nemmeno il tentativo di fare un minimo di approfondimento. La bistecca è il piatto principale di una steak house e qualche attenzione in più se la merita tutta.
L’AMBIGUITÀ DEL FOOD PORN
L’ambiguità di questi influncer sta nel mettere assieme format ristorativi molto diversi fra loro facendoli apparire legati da un medesimo filo conduttore quando in realtà non è così. Pizze, primi piatti, hamburger, panini, insalate di mare, fritti, sushi meat e bistecche sono piatti che appartengono a categorie culinarie spesso inconciliabili. Insomma, una pizzeria non è un ristorante, un’hamburgeria non è un osteria marinara e una Braceria non è una Steak house.
Il rischio per i titolari di una steak house che si lasciano coinvolgere da queste narrazioni che mettono assieme tutto e il contrario di tutto è di comunicare fraintendimenti. Il rischio è di far passare il loro ristorante per un’attività priva di un’identità ben precisa e poco ambiziosa che nemmeno si avvicina lontanamente al livello di una steak house. Altro che pubblicità! In questo modo si rischia di fare il classico buco nell’acqua.
Ecco perché è sbagliato mischiare il sacro con il profano come fa il food porn. La morale o il buon gusto non c’entrano nulla (o almeno c’entrano fino a un certo punto). Il vero problema sta nel richiamare una clientela fuori target, meno esigente e quindi meno disposta a spendere, compromettendo così la gestione economica della propria attività.
di Gianluca Bianchini 09/03/2024