IL SUGO ALLA GENOVESE E’ UN PIATTO MOLTO APPREZZATO DAI NAPOLETANI FA PARTE DELLA LORO TRADIZIONE GASTRONOMICA E SI PREPARA CON POCHI MA SELEZIONATI INGREDIENTI TRA CUI IL MUSCOLO DELLA COSCIA BOVINA
Spesso un piatto, che sia un primo, una portata di carne o un semplice dolce, porta il nome della località di origine. la pasta all’Amatriciana ad esempio prende il nome da Amatrice (un borgo rietino), la bistecca alla Fiorentina si chiama così per via del taglio inventato a Firenze e la duchessa di Parma è una torta che deve il nome a una nobildonna dell’Ottocento.
Come spesso accade però ogni regola ha le sue eccezioni. Esiste infatti un piatto che, pur essendo nato ai piedi del Vesuvio, prende il nome da un’importante città ligure. È il caso del sugo alla genovese. La logica porta a pensare che sia originario di Genova e invece no, è nato a Napoli secoli or sono.
Sul perché del nome ci sono varie interpretazioni. Forse viene dalla storpiatura dell’aggettivo ginevrino o dalla presenza, un tempo numerosa, dei genovesi nel porto di Napoli o forse solo perché così si chiamava il suo inventore. Genovese infatti è un nome molto diffuso a Napoli.
Al di là delle leggende però quel che è certo è che questo piatto fa parte della tradizione culinaria partenopea, è un piatto povero che si prepara con pochi ma selezionati ingredienti, tra cui il muscolo della coscia del bovino.
Se si gira per i ristoranti di Napoli si possono assaggiare sia versioni classiche sia versioni rivisitate del sugo alla genovese. Tra queste c’è anche quella di Rosario Morra, classe 1983, chef e titolare, assieme a suo cugino Salvatore Esposito, della Tavernetta Colauri.
GLI INGREDIENTI “MODERNI” DI UN PIATTO ANTICO
“Questo piatto me lo ha insegnato nonna Titina – racconta Rosario – e io lo propongo come lo faceva lei, solo che uso ingredienti più raffinati”. Bisogna sapere che la Tavernetta Colauri, un tempo era un’azienda agricola, poi restaurata per aprire il ristorante e in questa azienda agricola, grazie a nonna Titina, si spandeva spesso il profumo del sugo alla genovese. Un piatto che quindi a Rosario è rimasto nel cuore.
La ricetta è semplice. All’interno di un pentolone si mette prima la sugna e poi si fa rosolare il muscolo del bovino. “Si tratta di muscoli della coscia e di coperte di costate,” spiega Rosario, il quale però per preparare questa ricetta non usa carni comuni, tutt’altro, usa solo carni pregiate, quelle che serve nel suo ristorante e che frolla nel maturatore della sala, parliamo quindi di Simmental, Frisona e Galiziana.
Poi aggiunge la cipolla ramata di Montoro e lascia cuocere il tutto a fuoco lento fino a 12 ore se non di più. A quel punto la cipolla si caramellizza e conferisce un colore bronzeo al sugo. Infine, si aggiunge una foglia di alloro per dare un po’ di aroma.
UN PIATTO DAL SAPORE DOLCE E DELICATO
Rosario serve il sugo alla genovese con paccheri e rigatoni, ma come succede per la carne anche in questo caso non è una pasta qualunque, “perché seleziono io stesso il grano che poi viene lavorato in un pastificio di Gragnano,” afferma Rosario.
L’ultimo tocco è una spolverata di pecorino romano e così i clienti possono cominciare ad assaporare un piatto dal sapore dolce (per via della cipolla) e delicato, insaporito dal grasso e gli aromi delle pregiate carni della casa.
“Un piatto che è piaciuto così tanto che ora va di moda postarlo sui social,” racconta lo chef napoletano che questo sugo ha deciso di venderlo anche in vasetti da 350 e 530 grammi oppure in box con dento, oltre al vasetto, anche la pasta e un pezzo di pecorino romano. Per quanto riguarda il vino non c’è che l’imbarazzo della scelta, la Tavernetta Colauri ha una cantina con tante etichette pregiate comprese ovviamente quelle campane e locali.
di Gianluca Bianchini 09/11/2022