È STATA CONCEPITA COME RISPOSTA AL SOVRAPPOPOLAMENTO DEL PIANETA E AL MALTRATTAMENTO DEGLI ANIMALI E QUESTO È LODEVOLE MA STANNO EMERGENDO DUBBI SUI PROCESSI PRODUTTIVI DELLA CARNE SINTETICA, SULLA SUA SOSTENIBILITÀ E SUI PRESUNTI CONFLITTI DI INTERESSE CHE FAVORIREBBERO I GIGANTI DELL’INDUSTRIA ALIMENTARE
Articolo da Agricolae.eu
La carne sintetica o quella realizzata con sostituti vegetali è realmente sostenibile e salutare per l’uomo come affermano i suoi produttori? Gli ultimi rapporti di IPES Food (gruppo internazionale di esperti e scienziati sui sistemi alimentari sostenibili, tra cui un vincitore del World Food Prize e copresieduto da Olivier De Schutter, attuale relatore speciale delle Nazioni Unite su povertà estrema e diritti umani) e di Food & Water Watch (una Ong con oltre tre milioni di sostenitori) giungono alla stessa conclusione: non è sostenibilE e mette a rischio la salute umana.
Si tratta, sia per la carne realizzata con alternative vegetali che per quella di laboratorio, di prodotti ultra processati, che richiedono un grande consumo di energia per essere prodotti e l’utilizzo di monocolture industriali dannose per l’ambiente. Ma non solo, scienziati e ricercatori mettono in guardia anche dai rischi che tale produzione industriale potrebbe arrecare ai sistemi agricoli, specialmente quelli più fragili del sud del mondo.
Inoltre, le affermazioni sugli impatti del settore zootecnico sull’ambiente e quelle sui rischi per la salute derivanti dal consumo di carne rossa sono spesso fuorvianti e generalizzano eccessivamente.
CARNE SINTETICA, COSA DICE IPES FOOD
“Le prove fino ad oggi su un miglioramento per la salute e il clima sono limitate e speculative, in particolare per la carne coltivata in laboratorio,” evidenzia Ipes Food.
“Molti sostituti di origine vegetale rientrano nella categoria degli alimenti ultra-lavorati, il cui consumo una serie di linee guida dietetiche raccomandano di limitare.
“Molti si affidano all’iper-elaborazione ad alta intensità energetica per produrre additivi chiave e per l’approvvigionamento di ingredienti (vegetali) da sistemi di monocoltura industriale.
“Nel frattempo, per la carne coltivata in laboratorio, uno studio recente ha concluso che il suo elevato fabbisogno energetico significa che “qualsiasi potenziale a lungo termine per ridurre le emissioni di gas serra è subordinato alla decarbonizzazione dei sistemi energetici a combustibili fossili.
“Molte affermazioni si basano su ricerche e studi scientifici che i produttori hanno finanziato”.
La risposta alla sostenibilità ambientale non può dunque essere, ad oggi, il cibo sintetico, né la soluzione può ricercarsi nell’abbandono della zootecnia, la quale differisce enormemente da paese a paese. Scrive IPES:
“Le affermazioni generalizzate sugli impatti sulla sostenibilità del bestiame sono altamente fuorvianti e finiscono per confondere sistemi difficilmente confrontabili.
“Si basano spesso su approcci semplicistici che non colgono la complessità delle interazioni bestiame-ecosistema o a spiegare le enormi differenze tra i sistemi zootecnici industriali e agro ecologici tra i vari paesi del mondo.
“Si ignorano altri aspetti cruciali e interconnessi della sostenibilità (ad esempio biodiversità, efficienza delle risorse, mezzi di sussistenza) e si trascura anche il ruolo multifunzionale che il bestiame gioca in molte comunità agricole, assicurando reddito e cibo.
“Le affermazioni prevalenti sopravvalutano e generalizzano eccessivamente i rischi per la salute della carne rossa che sono in parte determinati da come viene allevato e finito il bestiame e da come viene preparata e consumata la carne”.
CARNE SINTETICA, COSA DICE FOOD & WATER WATCH
Come detto alle stesse conclusioni giunge anche il documento redatto da Food & Water Watch che pone l’accento su sostenibilità, ultra lavorazione e mancanza di controlli nei luoghi di produzione, col rischio, ad esempio, di contaminazione da antibiotici.
Si legge nel rapporto:
“Molte carni a base vegetale si basano su additivi alimentari ultralavorati per fornire sostanze nutritive come le proteine, oltre a qualità come consistenza e succosità che ricordano da vicino la carne. Ad esempio, Impossible Burger trasferisce il DNA dalle radici dei semi di soia a un lievito geneticamente modificato (OGM) per produrre una proteina chiamata “eme”, che viene aggiunta per far “sanguinare” l’hamburger.
“La carne allevata richiede ambienti sterili, altamente industrializzati e notevoli quantità di energia, forse anche più dell’allevamento.
“Uno studio mostra che la carne coltivata può aumentare le emissioni di anidride carbonica (CO2 ) quando utilizza i combustibili fossili come fonte di energia. Ciò conferisce alla carne coltivata un’impronta climatica ancora maggiore a lungo termine grazie all’accumulo di CO2 nell’atmosfera.
“Residui di antibiotici possono persistere nei prodotti e contribuire alla diffusione di agenti patogeni resistenti agli antibiotici. Durante la lavorazione vengono utilizzati altri materiali pericolosi, tra cui prodotti chimici disinfettanti, che possono anche lasciare residui nel prodotto finale.
“Inoltre, i mezzi di crescita come il siero fetale di vitello possono essere portatori di malattie trasmissibili. Un impianto di carne coltivata richiederebbe anche un monitoraggio continuo per garantire che le linee cellulari non mutino o non vengano contaminate, per ridurre i rischi per la salute umana.
“Allo stesso modo – continua Food & Water Watch – non conosciamo i rischi del consumo dei numerosi additivi e coadiuvanti tecnologici non testati utilizzati per produrre questi prodotti e se possono indurre reazioni allergiche.
“Alcuni coadiuvanti tecnologici potrebbero non essere nemmeno tenuti a comparire sulle etichette degli alimenti. Sia la carne coltivata che quella vegetale possono incorporare la nanotecnologia, una tecnologia controversa con potenziali rischi per la salute umana ed ecologica.
“Per quanto riguarda gli Usa la FDA, ad esempio, fa comunemente affidamento sull’industria – che presenta studi sulla sicurezza dei nuovi ingredienti alimentari – anziché condurre test indipendenti.
“L’agenzia tratta anche la maggior parte dei prodotti OGM sul mercato come “sostanzialmente equivalenti” agli ingredienti non OGM, il che significa che non vengono sottoposti a rigorose valutazioni o valutazioni di sicurezza come un nuovo tipo di alimento”.
LA CARNE SINTETICA E I PRESUNTI CONFLITTI DI INTERESSE
Tutto questo avviene all’interno di un mercato sempre più centralizzato, difatti – come già aveva scritto AGRICOLAE – sono le grandi aziende zootecniche e i big label dell’industria alimentare a controllare il mercato delle alternative della carne, dal sintetico alle varianti vegetali.
Società come Cargill e JBS, la più grande azienda di lavorazione della carne al mondo, non solo hanno investito in tali mercati, ma hanno rilevato società più piccole, in quello che va dunque definendosi come un monopolio sul fronte zootecnico e non solo.
Queste stesse aziende, inoltre, sono le stesse che si stanno unendo ad altri giganti alimentari che già controllano circa l’80% del mercato alternativo alla carne, tra cui Kellogg’s, che possiede il marchio MorningStar Farms, e Conagra, che possiede Gardein.
Sia Cargill che Kellogg’s fanno parte della Piattaforma di Affari che racchiude le multinazionali del food e non solo, la World Business Council for Sustainable Development (WBCSD) per ‘guidare’ i consumi mondiali all’insegna del ‘bene’ del pianeta e dei consumatori e “trasformare il sistema alimentare” attraverso una maggiore tassazione e una minore promozione sulla base degli studi Eat.
Studi che vorrebbero imporre una vera e propria Dittatura alimentare, tramite una Dieta Unica universale.
Gli investimenti in un mercato in crescita, nonostante la brusca frenata di alcune aziende negli Usa, non riguardaNO però solo soggetti privati e multinazionali, tra cui ricordiamo Bill Gates, Sergey Brin (Google)- anche loro membri della WBCSD – e Richard Branson (Virgin Group).
Sempre più forte, infatti, è l’attenzione rivolta a tali mercati da alcuni paesi, come Olanda, Gran Bretagna, Israele, Stati Uniti e Cina, sedi di alcune delle più grandi start up ed aziende che operano nel campo delle alternative vegetali e del food sintetico. Investimenti dunque, in cui parte del capitale è pubblico o direttamente finanziato dall’Ue.
Articolo del 31/03/2023