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CHI DICE CAMERIERE DICE DANNO (PER FORTUNA NON SEMPRE)

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COSA CAPITA QUANDO IN SALA HAI UN CAMERIERE INADEGUATO? ECCO UNA BREVE CARRELLATA DEI DANNI CHE ALCUNI CAMERIERI TOTALMENTE INCAPACI RIESCONO A FARE PARTENDO DALL’ULTIMO FATTO DI CRONACA 

Galeotto fu l’infelice cameriere della Locanda Rigatoni. Un ristorante tendenzialmente anonimo di Roma, zona San Giovanni. Anonimo era fino a pochi giorni fa quando d’imperio si è ritrovato al centro di una polemica davvero infelice e che lo ha fatto tristemente conoscere un po’ ovunque.

Riassumiamo in breve l’accaduto: due clienti gay cenano al ristorante e chiedono di togliere il pecorino dalla carbonara – richiesta lecita, sia chiaro, anche se viene da chiedersi che problemi abbia la gente che chiede di togliere un ingrediente basilare di una ricetta che è tipica proprio in virtù di quell’ingrediente ma sorvoliamo – la cena continua e a fine pasto arriva lo scontrino su cui scritto: “no pecorino, si frocio”.

Apriti cielo. La storia in poche ore finisce su tutti i giornali. Le televisioni ci si buttano a capofitto e amplificano il tutto. Il gesto viene condannato da tutti (giusto) e il cameriere licenziato (giustissimo). Seguono polemiche, alcuni addirittura chiedono che venga ritirata la licenza al ristorante (follia). Tempo qualche settimana e di questo episodio triste ce ne se saremo tutti scordati (cameriere e clienti gay a parte, loro no, se lo ricorderanno).

Ora, ci siamo aggrappati ad un fatto di cronaca per parlare di un argomento più ampio: i camerieri. A forza di sentirci tutti Carlo Cracco, di emulare i super chef, di rincorrerli e prenderli come fonte di ispirazione, molti – troppi – ristoratori si sono scordati che Cracco cucina, il Menù mostra ma che poi, alla fine, è il cameriere che spiega. O meglio, dovrebbe spiegare. E non, come nel caso della Locanda Rigatoni, mettersi a offendere.

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Quello è un caso limite ma non troppo. Lo sa bene Enrico Camelio, Consulente e Docente F&B Manager, uno che di mestiere forma il personale di sala: “In questi locali manca un manager di sala, qualcuno che coordini e controlli l’operato dei camerieri. Tutto parte dalla testa. La selezione del personale, i briefing prima del servizio e la cura dei propri dipendenti sono usanze perse: soprattutto nei piccoli ristoranti.”

CHI DICE CAMERIERE DICE DANNO – LO STAGIONALE 

Il problema è che molte volte in sala ci si imbatte in personale poco qualificato, che non studia, non si aggiorna: non sono pochi quelli che lo considerano come un lavoro di ripiego. Che loro siano la faccia del locale e il terminale ultimo di investimenti onerosi da parte dell’imprenditore-proprietario del ristorante, non gli entra in testa.

Passateci il termine cool: la customer satisfaction inizia in sala e finisce in sala. Nel mezzo ci sta quello che mangi. Ma l’inizio e la fine hanno la faccia del cameriere che verrà al vostro tavolo. Sia chiara una cosa: non tutti i camerieri sono personaggi discutibili, impreparati e improbabili. Però di inetti improvvisati se ne incontrano.

Uno degli incontri più frequenti è quello con il cameriere stagionale. Tipico esempio di studente che per alzare due spicci si convince che portare i piatti dalla cucina al tavolo sia una pratica riconducibile al lavoro di cameriere. “Questo rientra nel processo di svilimento che la professione sta subendo da diversi anni“: Enrico Camelio ha iniziato come cameriere e ora insegna in un istituto alberghiero di Roma. “I ragazzi, specie i più giovani, vengono sfruttati, fanno turni da 10-12 ore: malpagati, senza tutele, senza contratti. E’ ovvio che poi scappano. E non sono solo i piccoli ristoranti, come quello dello scontrino: sono i ristoranti da 5 stelle quelli che li trattano peggio.

CHI DICE CAMERIERE DICE DANNO – DOVE ALTRO AVRANNO RISPARMIATO?

Aspetta un attimo che ti mando il ragazzetto”. Non avete mai sentito una frase del genere detta da un ristoratore? Sì, il ragazzetto sarebbe quello che vi porta da mangiare. Poi magari è uno studente fuori sede, trapiantato in una città sconosciuta, che per pagare affitti e bollette, dopo l’università, viene a portare da mangiare a noi. Ma per noi è il ragazzetto: quello che ci porterà la carbonara (senza pecorino).

Ha visto un annuncio e ha mandato il curriculum, un colloquio di 5 minuti, a volte anche meno, e inizi domani’. Per ogni inetto che non ha voglia di lavorare, c’è un imprenditore che ha voglia di risparmiare. Enrico la pensa come noi: “Quando facevo io il cameriere, guadagnavo 3-4 milioni di Lire al mese, avevo 19 anni. Dopo quattro mesi di lavoro mi pagai una Golf, in contanti. Oggi ci penserei due volte a fare il cameriere: i turni di 10 ore, lavorare fino all’una di notte e per 1100 euro al mese.” Se è vero che il personale di sala fa parte dell’investimento di un ristoratore, quando ci si presenta il ragazzetto la prima cosa a cui pensiamo è: Dove altro avranno risparmiato?

Enrico Camelio (al centro con microfono)

CHI DICE CAMERIERE DICE DANNO – LA FUGA DEI VASSOI

Cari amici ristoratori o aspiranti tali: non è tutto Cracco ciò che luccica. Potete avere lo chef con tante stelle che nemmeno la Walk of Fame di Hollywood ma senza un personale di sala all’altezza, resterete gente da due stelle su Facebook.  Basterebbe mettere il naso fuori dai confini di casa nostra per rendersi conto di un paio di cose. Innanzitutto all’estero, camerieri e cuochi sono tutti italiani: a maggior ragione ad alti livelli.

Camelio ne ha addestrati non pochi: “ho una novantina di ex alunni sparsi per il mondo. Uno di questi ha 28 anni, fa il restaurant manager in un casinò di HongKong e prende 6500 euro al mese. All’estero, i nostri ragazzi, non hanno concorrenza e hanno carriera facile. Le nostre scuole investono sulla formazione e sulla professionalità degli studenti che però poi vanno a lavorare all’estero: e come dargli torto.” Bene, bravi: sette più. Così, oltre ai cervelli, scappano anche i vassoi.

Secondo poi, i ristoratori stranieri, investono sulle risorse umane. La SohoHouse è un’azienda con ristoranti – stralusso – sparsi in tutto il mondo e si rivolge a Enrico per il reclutamento di camerieri e cuochi. “Loro sono un altro pianeta rispetto a noi. Ai ragazzi gli fanno firmare un contratto per un anno quando sono ancora in Italia e appena arrivano a Londra – sede dell’azienda – hanno 15 giorni di alloggio pagato e 400 pound. Il personale viene formato in continuazione, hanno le mance fisse o le percentuali sulle vendite.”

In realtà il loro pianeta non è poi così distante dal nostro. Un tempo anche da noi era così: il cameriere e tutto il personale erano parte dell’azienda. Partecipavano alla buona riuscita del servizio e i titolari li gratificavano. Poi sono arrivati i cooking show in TV dove star sono gli chef o al massimo i proprietari. Il cameriere è un ruolo poco televisivo: buca lo schermo solo quando fa qualche strafalcione o scrive “si froci” sullo scontrino.

di Giulio Gezzi 23 Febbraio 2019

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