HomeRubricheQui MilanoLA GRIGLIA DI VARRONE: LA MAREZZATURA NON FA PAURA

LA GRIGLIA DI VARRONE: LA MAREZZATURA NON FA PAURA

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IN UN POSTO CHE SI CHIAMA LA GRIGLIA DI VARRONE E CHE STA NEL CUORE DI MILANO, TI ASPETTI: LA GRIGLIA, LA CARNE E IL CONTO SALATO POI ENTRI E CHIEDI ASILO POLITICO E SCOPRI CHE QUI LA MAREZZATURA NON FA PAURA. 

Non ho mai trovato una perla in un’ostrica. Forse perché non sono nemmeno una mangiatrice di ostriche, ma la sensazione che ho provato quando ho varcato per la prima volta questo posto deve essere molo simile a quella di aprire con fatica un’ostrica, pensando di ingurgitarla in un secondo come tutte le volte, e ritrovarsi invece tra i denti quella durezza che stridendo ti fa esclamare: “Davvero nascono così?”.

Se superi l’ostacolo di sentirti quella vestita peggio è fatta. La Griglia di Varrone è nel bel mezzo di quella che io chiamo la LasVegas milanese (via Alessio di Toqueville 7, Milano), imboscato nella via dei locali notturni di Corso Como, dove la Milano bene passa le proprie serate lasciando sui tavoli grandi mance e sorrisi.

All’entrata già sento l’odore del legno di quercia della griglia, in un locale che sembra perfetto, con l’imponente griglia a vista che ti accoglie e un percorso che termina in un dehor così romantico che anche una cinica come me avrebbe voluto trovarsi lì con l’anulare pronto e teso a ricevere l’anello.

La griglia a vista

LA GRIGLIA DI VARRONE : IL BAFFO DI TONY E LA MAREZZATURA ORGOGLIOSA

Dopo aver superato l’ostacolo “hostess di sala” – in maniera un po’ incerta devo dire – posso riconoscere subito il volto a cui associare la voce di una bella chiacchierata fatta al telefono solo qualche mese prima: Tony, il direttore. I baffetti in su, un vestito da milanese imbruttito (che ricordiamoci io adoro come se fosse scritto nel mio dna) e un accento toscano che mi riporta alla realtà.

Ci accoglie e ci fa accomodare in un tavolo perfetto per le nostre esplorazioni. Prende subito una scelta di coraggio, quella che alle mie orecchie suona come le canzoni di Ultimo in questo mio periodo di adolescenza tardiva: poesia. “Faccio io”. Dice lui. Io resto in silenzio, se lo merita insieme alla mia stima.

Intanto io me ne vado in giro e trovo una sorpresa: il regno della marezzatura. Qui c’è veramente troppa carne marezzata, quindi o sei un kamikaze o sei sicuro di quello che fai. Ho la risposta chiara da subito, perché più che in un ristorante mi sembra di stare ad un concerto, ognuno ha il suo strumento e io sento la musica forte e forte e forte.

La Griglia di Varrone – le bistecche nel banco

UN BENVENUTO COSÌ NEMMENO I MIEI GENITORI QUANDO TORNO A CASA PER LE VACANZE

Quello che Tony chiama “antipastino” è tantissima roba, accompagnato da 3 vini rossi diversi che lì sul tavolo fanno da bastioni per la difesa del mio accampamento. Perché, nel caso non si fosse capito, non ho intenzione di lasciare il campo molto presto. Non riesco ad elencare tutto quello che ho assaggiato, ma di certe cose non posso non parlarvi, allora ecco il midollo di bue con granella di pan brioche. 

Mentre immergo il cucchiaino in quel midollo croccante penso che un posto così non può funzionare in nessun posto del mondo se non a Milano, e penso che se Milano ti toglie sa anche darti, e ti ripaga della stanchezza di correrle dietro ogni santissimo giorno. Nel frattempo Tony continua a darmi retta anche quando arriva Gué Pequeno con i suoi amici. Tony per questo meriti un plauso a parte. Davvero, potrei darti il mio cuore.

Midollo di bue con granella di pan brioche

Arrivano ancora le tapas di spaghetti con la bavetta, gli uramaki di carne, il pinchos con uovo e tartufo e le tartare. A questo punto quando la mia corporatura esile dovrebbe mandare al mio stomaco un chiaro messaggio di resa, non succede niente: viene tutto accolto come se fossimo sempre al primo assaggio, come quel film in cui la tizia si sveglia ed è sempre lo stesso giorno. A dare il colpo di grazia arriva la minaccia di Tony: “Ora facciamo sul serio”.

La carne ardente di griglia e di quercia fa il suo ingresso in sala: Black Angus e Pluma iberico, piatti accompagnati da tre purè rispettivamente con salsa di peperoni, lime e pancetta croccante. Fermarsi è veramente difficile e ammetto di aver violato la promessa fatta alla mia prova costume: ho mangiato più delle due fettine anche stavolta, mandando all’aria il fioretto.

Black Angus e purè
Pluma di maiale iberico Joselito

NON CHIAMATELO MAIALE PER FAVORE, POTREI AVERE UN ATTACCO DI PANICO

Il Pluma io non l’avevo mai mangiato e preferisco chiamarlo: sembra manzo ma non è, mi ha preso in giro praticamente, chi l’avrebbe detto che era maiale? Si perché, lo ammetto, non è tra le mie carni preferite, ma questo furbo spagnolo, col suo fascino iberico mi ha fatto ricredere su tutta la linea, proprio come vorrei che facesse qualcuno a proposito dell’amore, per riuscire dire: allora può essere davvero eterno? A un certo punto la magia, che sembrava essere svanita alla frase di Tony: “Abbiamo finito eh, vi porto solo un assaggio di dolce”, torna imponente, come Mary Poppins che scende dal cielo col suo ombrello a salvare i bambini dalla tata bisbetica.

Gelato artigianale al pistacchio di Bronte e il cioccolato a scaglie di Modica dell’antica cioccolateria Bonajuto. Direte, cosa ci sarà mai di tanto magico? A parte il fatto che Tony dovrebbe rivedere il suo concetto di “assaggio”, mi dispiace ma non posso rispondere a questa domanda e non perché debba mantenere chissà quale segreto, semplicemente io non lo so.

Arrivo sempre alla fine delle cene così sazia che il dolce, anche se è buono, diventa la più bistrattata delle portate, e invece la magia contenuta in questo piccolo miracolo finale mi ha riportata di nuovo al punto di partenza, mi sono svegliata ed era lo stesso giorno, “Quindi facciamo colazione?”.

Mentre il cioccolato di Modica scricchiola sotto i denti io penso al mare, all’amore, A Milano, alla mia scrittura e alla fortuna che ho perché riesco ancora a sorprendermi, con atti di generosità, di dolcezza e Pluma di maiale iberico Joselito. In coda voglio dirvi l’ultima cosa: da Varrone non dovete andare a cena, dovete andare e pretendere un tavolo ad affitto bloccato per tutta la vita. 

di Fiorella Palmieri 9/12/2019 

 

 

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