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BABEK, IL KEBAB FRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE

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LA STORIA DI UN KEBAB RIBALTATO È BAKEK, IL KEBAB A MILANO FRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE. IL PROGETTO DI QUATTRO GIOVANI SICILIANI NEL CUORE DEL CAPOLUOGO MENEGHINO

Babek: sembra una parola senza senso. E invece il senso c’è: basta leggere al contrario e soprattutto provarlo. Quattro ragazzi della provincia di Palermo a Milano preparano kebab con prodotti selezionati, sani e di alta qualità. Lo Slow Food e l’Haute Cuisine si incontrano a metà strada, anzi, in pieno “street food”. Filiera corta, relazioni dirette, carni biologiche, salse artigianali, prodotti stagionali, innovazione e attenzione al gusto e alla salute: insomma, un Kebab molto speciale.

BABEK, IL KEBAB A MILANO FRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE
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Nel cuore della città meneghina la solarità e il profumo del Mediterraneo sono racchiusi in un piccolo locale che ha tutto l’aspetto di un laboratorio. Qui parte l’avventura di Virginia, Giulio, Gaetano e Pietro. A raccontarci come inizia tutto è Virginia Paracino, una dei soci di Babek:  “Io ho studiato Scienze Gastronomiche a Pollenzo, l’Università che ha fondato Slow Food e questo è stato molto di aiuto. Babek è stato anche l’argomento della mia tesi e dopo la laurea abbiamo deciso di rimboccarci le maniche e avviare questo progetto. Abbiamo scelto Milano perché è una città che corre, molto aperta alla reinterpretazioni, alle novità, al cibo etnico e non rimane legata alle sue radici. L’idea nasce da due di noi che vivevano in questa città e si rendevano conto di quanto il Kebab spopolasse, ma anche quanto  l’offerta presente fosse di bassa qualità. In Italia il Kebab è qualcosa di super industriale e di qualità dubbia in tanti casi”.

BABEK, IL KEBAB A MILANO FRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE
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Tra le centinaia di “kebabberie” del capoluogo lombardo, Babek si distingue non solo per il ribaltamento delle lettere ma soprattutto i valori che lo ispirano. La qualità degli ingredienti è il primo obiettivo di questi giovani imprenditori: “Abbiamo cercato localmente tutti i fornitori migliori a cui avremmo potuto rivolgerci: ci siamo guardati intorno per capire cosa poteva offrirci la Lombardia. Abbiamo visto che qui potevamo trovare del buonissimo pollo biologico, la pecora bergamasca, il bufalo lombardo. Così abbiamo preso le carni dei produttori solo dopo averli incontrati e selezionati”.

Altro che junk food, il Kebab non è mai stato così goloso, genuino e sicuro. Non c’è snaturamento del prodotto, ma valorizzazione di un cibo da strada spesso considerato scadente: “Per noi valorizzare vuol dire offrire qualità in senso olistico. Secondo la nostra formazione e il nostro modo di pensare, quindi secondo i principi del “buono, pulito e giusto”, i principi slowfoodiani”.

BABEK, IL KEBAB A MILANO FRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE
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Se entrando nella piccola bottega di Babek ci aspettassimo di vedere un ingombrante spiedo verticale rimarremo delusi. “Kebab vuol dire carne alla griglia ma non è detto che debba essere il caratteristico spiedone verticale né tanto meno industriale. Al posto di usare lo spiedo facciamo una cottura a bassa temperatura delle carni e poi lo scottiamo in piastra, quindi una sorta di ibridazione culturale. Originariamente il Kebab era una carne marinata come in Medio Oriente si usa fare e poi cotta orizzontalmente alla griglia. Noi abbiamo così deciso di reinterpretare il kebab che si conosce oggi in Italia e riportarlo ad una tradizione che segue le marinature, una preparazione artigianale: facciamo tutto qui dentro”.

BABEK, IL KEBAB A MILANO FRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE
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Rispetto per la tradizione, certo, ma sono pur sempre quattro menti giovani e brillanti e sperimentare, osare è un dovere:  “Abbiamo voluto innovarlo: gli abbinamenti che si trovano all’interno dei nostri panini non sono quelli classici del kebab ma come nel Babek Nero si trovano una crema di zucca, del topinambur, una misticanza e dello strachitunt, un formaggio lombardo, antenato del gorgonzola, un formaggio artigianale di caseifici di montagna. Anche negli abbinamenti abbiamo voluto proporre la qualità a modo nostro. Facciamo marinature diverse per tipologie di carne e abbinamenti differenti a seconda della stazione e del tipo di carne naturalmente”.

BABEK, IL KEBAB A MILANO FRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE
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I clienti di Babek sanno cosa mangiano. Sono le pareti del locale a dirlo: in bella mostra le aziende che contribuiscono a dare qualità al kebab dei quattro siciliani. “Da noi si conosce l’origine di ogni prodotto, si può essere certi di quello che si mangia, è tutto fatto qui e noi possiamo raccontare come lo facciamo. Inoltre saltando il passaggio con la grande distribuzione vogliamo integrarci con l’economia locale: vogliamo far vivere un’esperienza lombarda dal punto di vista di approvvigionamento delle materie prime, allo stesso tempo aperta a tante culture, quella siciliana che sente tanto l’influenza araba e quella mediorientale che ci ha ispirato e ci ha fornito le migliori marinature. Questo mix culturale e culinario convince tutti, giovani e meno giovani: “La clientela è molto trasversale, dai 20 ai 60 anni. Babek dà la possibilità a chiunque ne abbia voglia di provare il kebab e di superare la diffidenza verso un prodotto che spesso non sappiamo come è fatto”.

BABEK, IL KEBAB A MILANO FRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE
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Milano dà grandi opportunità, si sa. E la fuga di questi quattro cervelli dalla provincia palermitana ai “fornelli” del capoluogo lombardo è stata una scelta oculata. Ma la nostalgia si fa sentire e il laboratorio Babek profuma di panelle. Accanto alla piastra con la carne c’è anche la friggitrice: “Abbiamo voluto mantenere la Sicilia nella nostra offerta. Babek è il nostro prodotto principale ma la Sicilia è rimasta a contorno. Attualmente il kebab si mangia con le patatine o con i falafel che sono delle polpette di ceci. Allora ci siamo detti: le nostre panelle ci piacciono tanto, le sappiamo fare certamente meglio perché le conosciamo e le mangiamo da quando siamo piccoli. Allora abbiamo mantenuto come contorno le nostre tradizioni: quindi arancine “sbagliate”, le crocchette di latte, che sono una ricetta di mia nonna, e le panelle”.

Un biglietto di ritorno alla terra di origine non è escluso. E perché non portare in valigia i semi di questo progetto nella speranza che attecchisca al sole della Trinacria: “Sarebbe bello un domani ritornare in Sicilia. Milano è stata pensata come città di lancio, perché viva da un punto di vista economico e per la sua apertura. Ma non è escluso che un giorno il progetto possa essere proposto ai nostri conterranei”.

Ivana Figuccio 1/03/2017

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